Se il destinatario di un’ordinanza di demolizione di opere abusive, in quanto eseguite senza titolo edilizio o in totale difformità dallo stesso, non provvede spontaneamente ad eseguire l’ordinanza, quali sono le conseguenze?
L’art. 31 comma 3 del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i.) stabilisce che “Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”.
Il successivo comma 4 prevede che “L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente”.
Qual’è il procedimento che il Comune è tenuto ad osservare per giungere all’acquisizione?
E’ necessaria l’individuazione precisa dell’area oggetto di acquisizione, pena l’illegittimità dell’atto di acquisizione.
Il Consiglio di Stato con la recente sentenza della sez. VI, 1 settembre 2021, n. 6190 ha chiarito, richiamando il precedente della sez. II, 23 maggio 2019, n. 3364, che i procedimenti repressivi in materia edilizia, culminanti con l’atto di acquisizione della proprietà privata al patrimonio comunale, devono seguire una corretta scansione procedimentale, che consenta al privato di adempiere correttamente al provvedimento demolitorio al fine di evitare l’estrema conseguenza della perdita della proprietà.
Tale scansione procedimentale è costituita:
- dal provvedimento di demolizione, con cui viene assegnato il termine di novanta giorni per adempiere spontaneamente alla demolizione ed evitare le ulteriori conseguenze pregiudizievoli;
- dall’accertamento della inottemperanza alla demolizione tramite un verbale che accerti la mancata demolizione
- dall’atto di acquisizione al patrimonio comunale che costituisce il titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione dell’acquisto della proprietà in capo al Comune.
In particolare, l’atto di acquisizione al patrimonio comunale deve individuare il bene oggetto di acquisizione e la relativa area di sedime, nonché l’eventuale area ulteriore, nei limiti del decuplo della superficie abusiva, la cui ulteriore acquisizione deve essere specificamente motivata con riferimento alle norme urbanistiche vigenti.
Infatti, la sanzione della perdita della proprietà per inottemperanza all’ordine di remissione in pristino, pur se definita come una conseguenza di diritto dall’art. 31, comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001, richiede un provvedimento amministrativo che definisca l’oggetto dell’acquisizione al patrimonio comunale attraverso la quantificazione e la perimetrazione dell’area sottratta al privato.
Qual’è l’orientamento giurisprudenziale in materia?
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito in più occasioni che “Il titolo per l’immissione in possesso del bene e per la trascrizione nei registri immobiliari è costituito dall’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire, ma per tale atto deve intendersi non il mero verbale di constatazione di inadempienza, atteso il suo carattere endoprocedimentale e dichiarativo delle operazioni effettuate durante l’accesso ai luoghi, bensì il formale accertamento, che faccia proprio l’esito del verbale e che costituisca, quindi, il titolo ricognitivo idoneo all’acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio comunale delle opere edilizie abusivamente realizzate. Il relativo provvedimento necessita che in esso siano esattamente individuate ed elencate le opere e le relative pertinenze urbanistiche dal momento che costituisce titolo per l’immissione in possesso dell’opera e per la trascrizione nei registri immobiliari” (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3097).
Il Consiglio di Stato ha più volte affermato che ai sensi dell’art. 31 TU edilizia, nel procedimento di acquisizione dell’area è indispensabile il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza, nel quale va indicata, con precisione, l’area da acquisire al patrimonio comunale (cfr Cons. Stato, sez. VI, sent. 775 del 7.2.2018, nonché Cons. Stato se. IV, 27.10.2016 n° 4508; Con. Stato sez. VI 5.1.2015 n° 13; sez. IV, 25.11.2013 n° 5593.
Secondo l’insegnamento unanime della giurisprudenza “l’esatta individuazione dell’area di sedime, così come di quella eventualmente necessaria per opere analoghe a quelle abusive, da acquisire al patrimonio comunale è elemento essenziale del provvedimento con cui l’Amministrazione accerta la mancata ottemperanza alla demolizione da parte dell’ingiunto” (T.A.R. Puglia – Lecce Sez. III, 7- 4-2011, n. 618 ; T.A.R. Campania – Salerno Sez. I, 4-4-2011, n. 628 e T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. IV, 9-3-2011, n. 644).
Il Tar Napoli con Sentenza n. 299 del 15.1.2013 ha inoltre precisato che l’indicazione dell’area da acquisire, completa dei dati dimensionali e di quelli catastali, è adempimento funzionale alla acquisizione al patrimonio comunale e dunque è indispensabile, pena l’illegittimità dell’atto di acquisizione.
Può l’Amministrazione estendere l’acquisizione alla parte legittima dell’opera?
Con mirabile chiarezza il Tar Lazio, con sentenza n° 1062 pubblicata il 30.1.2018, ha altresì chiarito che la disciplina dell’acquisizione è contenuta nel comma 3 dell’art. 31 TU edilizia, affermando che “Da tale previsione legislativa risulta evidente che oggetto dell’acquisizione è l’opera abusivamente realizzata e la relativa area di sedime, senza alcuna possibilità di estensione alla parte legittima neppure in relazione ad una valutazione effettuata dal Comune di connessione o inscindibilità con l’opera abusiva. Anche con riguardo all’acquisizione dell’area ulteriore, è contenuto il solo riferimento a quella “necessaria secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive” e comunque “non superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusiva”.
Per costante giurisprudenza, l’individuazione dell’ulteriore area va motivata, volta per volta, con l’esplicitazione delle modalità di delimitazione della stessa, proprio perché il legislatore non ha predeterminato, se non nel massimo, l’ulteriore area acquisibile, ma ha indicato il criterio per determinarla rapportato alla normativa urbanistica rilevante nel singolo caso; viene dunque delineato un procedimento di determinazione della c.d. pertinenza urbanistica da condurre di volta in volta sulla base di criteri di individuazione che tengano conto di quanto previsto dalle vigenti disposizioni urbanistiche per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive (Cons. Stato, sez. VI, 5.4.2013 n° 1881; sez. V, 17.6.2014 n° 3097).
L’area ulteriore rispetto a quella di sedime può quindi essere acquisita solo se necessaria alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, in base alle prescrizioni urbanistiche vigenti (Tar Lazio, II quater n° 11474 del 20.11.2017).
Il Tar Lazio, sent. 1062/2018, ha anche precisato che “L’acquisizione è un atto che incide sulla proprietà privata dei beni, sottraendoli al proprietario; la relativa disciplina legislativa, in base all’art. 42 della Costituzione, deve essere, quindi, interpretata in maniera tassativa”.
Secondo il Consiglio di Stato, sez. VI, Ord. 1988/2018, “Non risulta di per sè rilevante il richiamo alla circostanza che la superficie sia stata determinata entro il limite massimo (10 volte la superficie delle opere abusive), atteso che esso configura un limite all’acquisizione, ma non anche l’elemento fondamentale che deve essere tenuto presente per determinare l’area da acquisire”.
In conclusione, risulta illegittimo il provvedimento di acquisizione di un’area pari a 10 volte la superficie delle opere abusive, così individuata senza che l’Amministrazione abbia esperito il procedimento di individuazione dell’area ulteriore acquisibile stabilito dalla norma e dai suddetti principi giurisprudenziali.